martedì 10 dicembre 2013

Lavoratori precari. Quale l'ammontare dei contributi silenti versati senza che gli stessi abbiano dato luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico?

Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00132
Atto n. 4-00132


Pubblicato il 6 maggio 2013, nella seduta n. 18

BOTTICI- Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -

Premesso che, a giudizio dell'interrogante::
la condizione lavorativa in cui versa il Paese è forse la più tragica dal dopoguerra ad oggi;
la recente riforma pensionistica introdotta con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, cosiddetto decreto salva-Italia, varata dal Governo Monti, ha proseguito nell'opera di disinteressamento nei confronti di alcune categorie di lavoratori, cui appartengono però milioni di persone (professionisti, lavoratori precari subordinati, dottori di ricerca, collaboratori a progetto, addetti alle vendite porta a porta) per le quali, per il periodo o i periodi lavorativi nei quali risultano assunte secondo queste tipologie di contratto, i contributi previdenziali sono stati versati presso l'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) nella gestione separata istituita con legge n. 335 del 1995;

premesso altresì che:
il conseguimento del diritto all'accesso al trattamento pensionistico è subordinato alla maturazione da parte del lavoratore di un'anzianità contributiva minima, stabilita in trentacinque anni dalla legge n. 247 del 2007;
il lavoratore, che per tipologia di contratto lavorativo risulti contribuente della gestione separata presso l'Inps, e che termini la propria attività prima di aver maturato l'anzianità contributiva prescritta, non potrà quindi accedere al trattamento pensionistico corrispondente ai contributi previdenziali versati, che, definiti in questo caso "silenti", risulteranno dal lavoratore versati a fondo perduto;
ciò è quanto avviene per tutti quei lavoratori che, per esempio, dopo un periodo di lavoro precario o autonomo, riescono ad accedere ad un impiego a tempo indeterminato, come per tutte quelle donne che scelgono di interrompere un'attività lavorativa precaria per dedicarsi alla famiglia;
tali contributi silenti interessano oggi un'ampia fetta di cittadini, in gran parte i più svantaggiati per condizioni economiche, i precari, quelli di giovane età, quelli ignari del meccanismo della gestione separata, che non percepiranno in futuro le pensioni che spetterebbero loro per i periodi di lavoro trascorsi con contratti precari e atipici;
l'Ente previdenziale utilizza inoltre tali contributi versati negli anni per la gestione separata, ma non percepibili dal lavoratore che abbia mutato tipologia di impiego, per corrispondere i trattamenti ai contribuenti della gestione ordinaria che hanno maturato i termini per accedere al trattamento pensionistico;
rilevato che il direttore generale dell'Inps, dottor Mauro Nori, ha recentemente dichiarato (28 gennaio 2013) in una intervista rilasciata al quotidiano economico "Italia Oggi", che sono "diversi milioni" i lavoratori interessati da questo problema, e che, se l'Inps dovesse restituire i contributi silenti, "rischierebbe il default". Il quotidiano stima in circa 10 miliardi di euro la cifra oggetto di una tale ipotesi,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario adottare gli opportuni atti normativi, e quali, relativamente alla questione descritta in premessa riguardante i cosiddetti contributi silenti, in modo tale che i medesimi siano finalizzati a garantire il riconoscimento ai fini previdenziali di ogni periodo di attività e di ogni tipologia di impiego per i quali il lavoratore abbia versato i contributi;
quale risulti essere l'ammontare totale dei cosiddetti contributi silenti, ovvero quei contributi previdenziali versati senza che gli stessi abbiano dato luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico, allo stato attuale e nella previsione dei prossimi anni.

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