martedì 10 dicembre 2013

Cosa intende fare il Ministro della salute per consentire affinchè detenuti e internati mantengano le residenze nei territori di origine?

Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00368
Atto n. 4-00368

Pubblicato il 18 giugno 2013, nella seduta n. 43

BOTTICI, VACCIANO, PUGLIA, COTTI, DONNO, PAGLINI, CASTALDI, CATALFO, GIARRUSSO, MANGILI, MORRA, ENDRIZZI, FATTORI

- Ai Ministri della salute, della giustizia e dell'interno.

Premesso che:
 
il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, recante "Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente", disciplina le posizioni che non comportano l'iscrizione anagrafica. Nello specifico il comma 1 dell'articolo 8 stabilisce che "Non deve essere effettuata, né d'ufficio, né a richiesta dell'interessato, l'iscrizione anagrafica nel Comune, per trasferimento di residenza, delle seguenti categorie di persone: a) militari di leva, nonché pubblici dipendenti e militari di carriera (compresi i carabinieri, il personale di polizia di Stato, le guardie di finanza ed i militari che abbiano, comunque, contratto una ferma) distaccati presso le scuole per frequentare corsi di avanzamento o di perfezionamento; b) ricoverati in istituti di cura, di qualsiasi natura, purché la permanenza nel Comune non superi i due anni; tale periodo di tempo decorre dal giorno dell'allontanamento dal Comune di iscrizione anagrafica; c) detenuti in attesa di giudizio";
la lettera b) del comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989 stabilisce, pertanto, che un ospite di una comunità o di un ospedale psichiatrico giudiziario, dopo due anni di permanenza continuativa presso una abitazione deve prendervi la residenza;
considerato che, a quanto risulta agli interroganti:
se un individuo, durante il suo soggiorno negli istituti indicati, perde per qualche motivo la sua abitazione, il Comune in cui è residente richiede al comune in cui il cittadino è ospite ad attribuirgli una residenza e procede alla sua cancellazione dalle liste dei residenti, lasciando la persona senza residenza e conseguentemente senza quei diritti di cittadino collegati con la residenza stessa, ad esempio per quanto concerne il medico di medicina generale;
questa situazione appare molto problematica sia per gli internati che per gli ospiti delle strutture comunitarie, poiché i cittadini, pur cercando di intraprendere un programma di reinserimento, sono di fatto allontanati dal loro territorio e, nel migliore dei casi, trapiantati in un altro con detta procedura amministrativa,
si chiede di sapere:
se il Governo intenda prendere in considerazione di mantenere le residenze nei territori di origine per le persone che sono detenute, internate o momentaneamente assenti per motivi di cura anche se il periodo di cura supera i due anni;
se, in caso di perdita di una effettiva residenza fisica nel territorio di origine, le persone detenute, internate, o momentaneamente assenti per motivi di cura possano rimanere iscritte come residenti presso il proprio comune, anche senza fissa dimora o in maniera assimilata.

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